Alla ricerca della formula ideale

1.  INDICE
1.  Introduzione
2.  Il blu di Turnbull, il blu di Prussia e il cianotipo
3.  Il Ferro Ammonio Citrato
4.  Le formule
5.  Le variabili
6.  Le ricette dei soci
7.  Conclusioni
8.  Bibliografia




1.  Introduzione 
Questo articolo è scaturito dal desiderio di mettere ordine ad alcune mie note sparse sul cianotipo, ma è diventato un esempio di come un processo così semplice ed antico (nota 1) possa essere oggetto di considerazioni che vanno ben al di là della semplice applicazione di una ricetta fotografica, ponendosi ad esempio di un approccio metodologico con il quale analizzare anche altri processi ben più complicati.

Tempo fa, per la preparazione dell'articolo sulla cianotipia riportato nel nostro "ricettario", ho cercato nel web e in alcune pubblicazioni la conferma delle mie conoscenze ed eventuali nuovi trucchi, suggerimenti e quant'altro.

Emerse quasi subito che, al di là dei suggerimenti riguardanti la preparazione della carta, la stesura e il lavaggio, erano reperibili molte ricette della formula di sensibilizzazione. Certo, questa non è una novità (vedi per esempio i processi callitipici), ma non ne ho mai visto un così grande numero per un solo processo e soprattutto non ho mai trovato confronti che giustificassero una formulazione diversa da un'altra, ad eccezione di un caso.
Limitandomi alla formulazione più semplice (la stessa riportata nel "ricettario"), ho trovato ben 25 varianti, mentre considerando anche la presenza di acido ossalico o di altri componenti questo numero quasi raddoppia. Alcune varianti sono probabilmente dovute a grossolane approssimazioni nella conversione tra unità metriche e anglosassoni, ciò nonostante il loro numero rimane inspiegabilmente elevato.

Rimando chi volesse approfondire l'argomento al libro di Mike Ware "Cyanotypes" (Ware 1999), oppure -per quanto concerne gli aspetti storici ed estetici- ad una tesi di Malin Hylen per una scuola di arti grafiche pubblicata nel web (Hylen 2000), mentre riporto qui soltanto le mie note personali, tratte da fonti di informazioni diverse.


2.  Il blu di Turnbull, il blu di Prussia e il cianotipo 
La soluzione sensibilizzante per il cianotipo è di una semplicità disarmante: è sufficiente miscelare del ferro ammonio citrato con del potassio ferricianuro in acqua. Tutto qua. Con l'esposizione alla luce ultravioletta parte del ferro passa da trivalente a bivalente, e va a formare il ferricianuro ferroso Fe3[Fe(CN)6]2 (Blu di Turnbull) insolubile e intensamente colorato. Il Blu di Turnbull è un parente stretto del Blu di Prussia (ferrocianuro ferrico, Fe4[Fe(CN)6]3), uno tra i primi pigmenti blu sintetizzati all'inizio del secolo XVIII (nota 2). 
E' stato però ipotizzato che i due blu, quello di Prussia e quello di Turnbull, siano in realtà la medesima sostanza (Kleinke 2001): al momento della reazione il ferro bivalente e quello trivalente possono scambiarsi tra di loro per dare luogo ad un unico prodotto, nel quale Fe(III) è legato al carbonio del gruppo cianidrico CN, e Fe(II) è legato all'azoto in un reticolo cristallino a struttura ottaedrica (nota 3). Questo può avvenire in quanto il complesso del Fe(III) con il gruppo cianidrico è più stabile rispetto a quello di Fe(II) (Scheimreif 2000): 


  K+ + Fe3+ + [FeII(CN)6]4-  --> KFeIII[FeII(CN)6]    intermedio per il Blu di Prussia

  K+ + Fe2+ + [FeIII(CN)6]3-  --> KFeII[FeIII(CN)6]    intermedio per il Blu di Turnbull

La reazione del cianotipo è possibile grazie alla presenza del citrato, che controbilancia la riduzione da Fe (III) a Fe (II) ossidandosi a CO2, a quella dello ione ammonio che stabilizza il complesso con il ferro (Abrahamson 1999), e alla insolubilità del Blu di Turnbull che rimuove il ferro bivalente. Inoltre è stato trovato che la reazione fotochimica ha il suo massimo rendimento a pH compreso tra 2 e 5; va precisato però che le misure sono state fatte in soluzione, mentre nel cianotipo la miscela viene fatta essiccare sulla carta.

A complicare le cose interviene anche la riduzione del ferricianuro a ferrocianuro, il quale può così formare il ferrocianuro ferrico (blu di Prussia) reagendo con il ferro(III) citrato presente in eccesso. Se la riduzione avviene sul ferricianuro ferroso facente parte dell'immagine già formata, esso diventa allora ferrocianuro ferroso, biancastro. Ciò avviene soprattutto nelle zone maggiormente illuminate durante l'esposizione, e ne determina l'aspetto parzialmente solarizzato che viene preso ad indicatore del momento in cui interrompere l'esposizione. Questo ferrocianuro ferroso verrà nuovamente ossidato a ferrocianuro ferrico con il passare del tempo e dell'esposizione all'aria, oppure può essere ossidato quasi istantaneamente con l'aggiunta di acqua ossigenata all'ultimo lavaggio. Anche l'acido cloridrico esplica un'azione simile, ma questa volta perchè la reazione di ossidazione richiede la presenza di acidità per poter procedere speditamente.


3.  Il Ferro Ammonio Citrato
Il composto di ferro attualmente usato, il ferro ammonio citrato verde, è noto "solo" dal 1898 (Seigel 2000a): prima di tale data veniva usata la forma bruna, che era circa 8 volte meno sensibile di quella verde. Non è un composto ben definito, anche se Clerc (Clerc 1950) fornisce le formule chimiche per la entrambe le forme: quella per il citrato verde corrisponde a due molecole di citrato ferrico più una di citrato ammonico (p.m. 733.14), mentre quella del citrato bruno è di decisamente meno facile interpretazione e il suo peso molecolare corrisponderebbe a 615.04.
I produttori di ferro ammonio citrato dichiarano un tenore di ferro del 14.5-16% nella forma verde (il teorico è 15.2%) e del 16.5-18.5% in quella bruna (il teorico, assumendo valida la formula di Clerc, è 18.16%).

Sulla scorta di queste informazioni, il bilancio stechiometrico della reazione tra citrato verde e ferricianuro per formare il blu di Turnbull (Fe3[Fe(CN)6]2) richiede un rapporto di 1:0.6 in peso tra citrato verde e ferricianuro e di 1:0.72 nel caso del citrato bruno (es. 10g di citrato verde e 6g di ferricianuro). Considerando anche la riduzione del ferricianuro il rapporto sale solo leggermente (1:0.64). Se invece si punta alla formazione di KFe[Fe(CN)6] (vedi il paragrafo precedente) allora il rapporto diventa di circa 1:0.9.
Considerazioni di carattere chimico consiglierebbero di aumentare la quantità di ferricianuro rispetto allo stechiometrico, allo scopo di favorire la reazione. In realtà, come si vedrà più avanti, nella pratica del cianotipo la proporzione tra citrato verde e ferricianuro viene solitamente tenuta leggermente più bassa, con un rapporto di circa 1:0.5.

Infine, una nota operativa: il ferro ammonio citrato in soluzione tende, già dopo pochi giorni, a formare una muffa in superficie. Per conservarlo si possono aggiungere degli antifermentativi (es. timolo, acido salicilico) o, come consiglia Clerc, di far galleggiare in superficie un pezzetto di canfora.


4.  Le formule
Limitando le formule a quelle con la forma verde del ferro ammonio citrato anziché con quella bruna, e riportando tutti i volumi a 100 ml, i testi "storici" forniscono queste ricette:

Namias (1929)
Sol. A
Ferro ammonio citrato verde 24 g
Acqua q.b. a 100 ml
Sol. B
Potassio ferricianuro 7 g
Acqua q.b. a 100 ml

Miscelare 1+1
Note:
1) Questa formula è presente anche nella prima edizione, datata 1908.
2) "Se mescolando il liquido assume un colore blu abbastanza intenso, si può lasciar decantare e usare il liquido soprastante, oppure aggiungere ¼ - ½ g di bicromato alla soluzione di citrato ferri-ammonico, che era evidentemente parzialmente ferroso. Per facilitare la penetrazione nella carta durante la spennellatura si può aggiungere alla ricetta pronta-uso 10-20 g/litro d'acido citrico."
"Esporre dietro negativo, immergere in acqua per 2'-3', asciugare con carta da filtro e appendere. Un'immersione in ac. cloridrico o ac. nitrico 1% rinforza il blu, mentre soluzioni di sodio carbonato al 2-5% o di potassio ossalato al 10% li indeboliscono, anche localmente, volendo."


E.J. Wall (1924)
Sol. A
Ferro ammonio citrato verde 12.5 g
Acqua q.b. a 100 ml
Sol. B
Potassio ferricianuro 4.5 g
Acqua q.b. a 100 ml

Miscelare 1+1
Note:
1) Filtrare le soluzioni.
2) "Il ferricianuro deve essere in cristalli perfettamente trasparenti rosso rubino senza alcuna polvere gialla aderente...." (vale a dire, attenzione alla presenza di ferrocianuro!)
3) "Stampe più brillanti si possono ottenere con l'aggiunta dello 0.5% di acido ossalico alla soluzione; la carta si conserva meglio se si aggiunge lo 0.05% di potassio bicromato."


Clerc (1950)
Sol. A
Ferro ammonio citrato verde 36 g
Acqua q.b. a 100 ml
Sol. B
Potassio ferricianuro 16 g
Acqua q.b. a 100 ml

Miscelare 1+1
Note:
1) La stessa formula è presente in una ristampa in inglese del 1930.
2) Nel libro di Clerc la soluzione sensibile è preparata sciogliendo il citrato e il ferricianuro (rispettivamente 18 e 8 grammi) in un volume totale di 100 ml di acqua. Ho convertito la formula in due soluzioni in quanto si migliora la conservabilità; ovviamente così facendo le concentrazioni nelle soluzioni separate devono essere raddoppiate.
3) "Delle carte preparate in questo modo, quella con il citrato verde esige dei negativi un po' più vigorosi rispetto a quella preparata con il citrato bruno."
4) "Il rapporto delle opacità di un negativo che fornisce un deposito blu appena percettibile e che produce un blu della massima profondità (misurato dopo che le stampe sono state lavate) sono di 47:1 e 34:1 rispettivamente per il citrato verde e il bruno. L'aggiunta di una piccola quantità di bicromato alla miscela sensibile consente la stampa di negativi morbidi."


Glafkidés (1958)
Sol. A
Ferro ammonio citrato verde 25 g
Acqua q.b. a 100 ml
Sol. B
Potassio ferricianuro 12 g
Acqua q.b. a 100 ml

Miscelare 1+1
Note:
1) pH < 2.3
2) "L'aggiunta di piccole quantità di bicromato aumenta il contrasto. La trietanolammina (1cc) [in 200 ml di soluzione sensibile, ndr] aumenta la sensibilità e riduce il contrasto."


Già da queste quattro formule si vede come sia le concentrazioni che i rapporti tra i due sali siano diversi. Come si vedrà più sotto, il rapporto tra citrato e ferricianuro influenza il contrasto e la densità massima ottenibile: è perciò possibile che gli autori abbiano messo a punto il processo in funzione delle caratteristiche dei loro negativi e dei loro gusti personali in merito alla tonalità e alla saturazione dei blu ottenuti.

Altre considerazioni si possono fare riguardo alle altre formule che ho rinvenuto dopo una ricerca in Internet.
La prima è che, ovviamente, alcune formule sono ripetute da più persone e in questo caso la più citata è quella che appare in "Coming into Focus" (8 citazioni); tutte le altre sono citate da non più di tre siti.
La seconda considerazione è che alcune formule sono riportate con grossolani arrotondamenti nella conversione tra unità anglosassoni e metriche; per esempio, ho visto citare "8 fl oz (250 ml)" quando 8 fl oz corrispondono invece a 227.4 ml. Non mi è noto se chi ha riportato questa formula l'abbia adattata alle unità anglosassoni avendo trovato l'originale in metriche, ma è chiaro che questi arrotondamenti danno luogo a variazioni non volute. In passato era avvenuto qualcosa di simile anche a causa della erronea assunzione che i pesi fossero in once avoirdupois quando invece erano in once apothecaries.
Sono stati riportati anche errori dovuti all'errata conversione delle formule, originariamente scritte per un unico bagno, per adattarle alla versione in due soluzioni separate: talvolta sono state mantenute le quantità originarie di reagenti, senza considerare che andavano raddoppiate (vedi il caso della formula di Clerc).

In breve, la tabella qui sotto riporta le caratteristiche delle formule reperite. La concentrazione in peso/volume è riferita alla soluzione sensibile, in quanto alcune formule erano riferite ad un unico bagno; per riportarle a quelle delle soluzioni separate vanno quindi moltiplicate per due.
Va evidenziato che in alcuni siti la modalità di preparazione e di uso delle soluzioni è contradditoria o erronea: per esempio alcuni indicano di sciogliere le quantità in un certo volume d'acqua, e poi di usare parti uguali. In questo e in altri casi ho potuto perciò calcolare la concentrazione solo in modo approssimativo.

Le formule "storiche" già citate sono riportate per prime, mentre le altre sono ordinate in funzione della concentrazione di citrato.

Fe. am. citr.
Pot. ferric.
Provenienza
12.00  
3.50  

Namias 1908

6.25  
2.25  

Wall 1924

9.00  
4.00  

Clerc 1930

12.50  
6.00  

Glafkides 1958

10.00  
4.00  

Coming into Focus (John Barnier),
L' età del collodio (William Crawford),
W. J. Post-Factory Photogr.,5, 32 (2000),
jerryo.com/formula/CY_classic.htm,
phoenix.liunet.edu/~lawrence/photoche/cyanotyp.htm,
utopia.knoware.nl/users/vleeuwen/ctech.html, www.hands-on-pictures.com/Blueprint2.htm,
www.coloradocollege.edu/dept/ah/darkroom/non_silver.html,
www.cobb.k12.ga.us/~wheeler/arts/visart/TeacherResources/downloads/Photography/
CyanotypePrint.pdf,
www.photoshot.com/articles/general/ancient_printing_processes.htm
www.foto-sapiens.com/Helios/heliosf.html

5.00  
2.50  

photography.about.com/library/weekly/aa061801e.htm

6.00  
3.00  

www.astro.wisc.edu/~mukluk/blprint.html

8.33  
1.33  

personal.riverusers.com/~jdf/todd_walker/blueprint.html

10.00  
5.00  

www.ndirect.co.uk/~c.j.ball/formulae1.html

10.00  
6.80  

www.digitaltruth.com/data.html,
site.tekotago.ac.nz/staff/lgodman/drawing/info/Tech/Alternative/alt7.html

10.00  
7.00  

www.stanford.edu/~cpatton/yingui/cyano.htm
www.artic.edu/~fendsley/altProc_Blueprints.html,
art.arts.usf.edu/photo_area/lab/blueprin.htm,
www.azstarnet.com/~spacboy/cyanotype.htm

10.42  
7.29  

btc.montana.edu/nten/trc/lesson7/lesson7_text.shtml

10.60  
7.40  

cator.hsc.edu/~mollusk/ChemArt/photo/cyanotype.html

11.00  
5.30  

upnatom.com/cyanotype.html

11.00  
7.70  

Breaking the Rules (Bea Nettles)

12.50  
4.50  

www.stanford.edu/~cpatton/yingui/cyano.htm,
www.pipeline.com/~tomf2468/interclass5.html,
www.pipeline.com/~tomf2468/altinstruct04.html

12.50  
5.00  

Cyanotypes.com

12.50  
7.50  

altphoto.hihome.com/iron.htm

12.50  
12.50  

Creative Sunprinting (Peter Fredrick),
Antiche Tecniche (Giampaolo Bolognesi)

13.00  
4.60  

cyanotypes.com, www.nmpft.org.uk/insight/info/5.3.76.pdf,
www.photo.net/bboard/q-and-a-fetch-msg?msg_id=000rPm
National Museum of Photography, Film & Television BRADFORD, West Yorkshire

13.36  
6.68  

members.nbci.com/jormarge/.epb/cyano_page.htm,
www.greatbasinphoto.com/alt.html

15.24  
9.76  

www.dmuenzberg.de/cykassl.htm

18.00  
10.00  

www.photogs.com/bwworld/cyanotypes.html

26.96  
8.96  

jerryo.com/formula/cyanotyp.htm

33.33  
7.00  

rotoni.com/Cianotipia/


Il commento non può essere che, siccome ogni autore ha avuto risultati soddisfacenti, il processo è talmente flessibile che sono tollerate ampie variazioni di formulazione. Non va dimenticato, tuttavia, che ogni autore ha le sue preferenze riguardo ai tipi di carta, al contrasto dei propri negativi, e infine, talvolta si ... accontenta!

Per capirne qualcosa di più si può ricorrere alla rappresentazione grafica riportata qui sotto.


(CIF = Coming into focus)

In figura sono state tracciate delle linee corrispondenti (da sinistra a destra) al rapporto di 1:0.75, 1:0.6 (il teorico individuato in precedenza), 1:0.5 e 1:0.4.

Come si vede, ad eccezione di alcune formulazioni, viene mantenuto un rapporto tra citrato e ferricianuro prossimo o uguale a 2, e si tende ad avere una concentrazione di ferro ammonio citrato intorno al 10% o leggermente superiore.
E' probabile che le formulazioni più concentrate si prestino meglio su carte collate, e va anche evidenziato che la pratica della doppia stesura, di fatto, è quasi equivalente ad un raddoppio della concentrazione. Di conseguenza i grammi di materiale sensibile per decimetro quadrato di carta -sono questi che determinano la densità dell'immagine finale- hanno un campo di variazione ancora più ampio.


5.  Le variabili
Per mettere in pratica le formule riportate sopra, è bene ricordare che la formulazione è solo una variabile dell'intero processo di produzione di un cianotipo, anche se rimane la principale. Il processo, come è noto, consiste in:

  • preparazione delle soluzioni madre

  • stesura della soluzione sensibile sulla carta

  • essiccazione

  • esposizione

  • lavaggi

  • essiccazione


  • Ognuno di questi passaggi, come avviene anche in altri processi delle A.T., può avere effetti sul risultato finale.

    Come è stato detto sopra, il ferro ammonio citrato non è un composto ben definito, e può contenere vari tipi di impurezza, tra cui piccoli residui di ferro bivalente; questo, a sua volta, comporta la formazione di blu di Turnbull prima dell'esposizione e il conseguente sporcamento dei bianchi.
    Inoltre, Clerc consiglia di lavare (sic!) i cristalli di ferricianuro dalla eventuale crosta di color ocra che li ricopre (nota 4).
    Dunque la provenienza e forse anche la vecchiaia del ferro ammonio citrato e del ferricianuro (quindi la loro purezza) possono comportare risultati diversi da quelli attesi.

    Molti autori e fotografi odierni notano differenti risultati anche al variare del tipo di carta, sia in termini di tonalità di colore che di sensibilità dell'emulsione. Non è quindi da escludere che le differenti formulazioni proposte sin dal secolo scorso possano essere il risultato dell'adattamento personale alle proprie condizioni operative, che comprendono la purezza dei reagenti, il tipo di carta e la qualità dell'acqua usata.
    Infatti, il blu di Turnbull è solubile negli alcali e quindi anche eventuali tamponi alcalini presenti nella carta -impiegati appositamente per migliorarne la conservabilità- o un eccessivo contenuto di calcio (durezza) dell'acqua usata per i lavaggi possono dare luogo a sbiadimenti dei cianotipi.

    La penetrazione nelle fibre della carta è un'altra variabile che influisce sul risultato finale, ed è solitamente determinata dalla collatura. Al contrario di altri processi, solitamente non è necessario collare la carta in superficie; se vi fosse la necessità di farlo, viene consigliato l'uso di albumina o amido, ma non di gelatina. Un altro accorgimento da usare nel caso di carte troppo assorbenti è l'aggiunta del 3% di gomma arabica alla soluzione sensibilizzatrice (Seigel 2000b).
    Al contrario, quasi sempre č preferibile avere una buona penetrazione della soluzione nella carta e a tale scopo viene eventualmente consigliata l'aggiunta di un tensioattivo o di aumentare la diluizione della soluzione sensibile (Ware 1996).

    Da quanto riportato sopra, non dovrebbe quindi sorprendere che venga riportato (Seigel 2000b) come alcune carte, tra cui la Arches Aquarelle e la Fabriano 5, rispondano particolarmente bene al cianotipo, oppure che altre, tra cui la Fabriano Artistico, tendano ad essere contrastate oppure morbide (Arches Platine).

    Come in altri processi, la carta sensibilizzata va usata il più presto possibile. Viene (Seigel 2000c) riportato che le condizioni di temperatura e umidità determinano tempi diversi di decadimento dello strato sensibile (poche ore in clima caldo e umido, alcuni giorni in clima freddo e asciutto); comunque anche l'entità di questo fenomeno varia con il tipo di carta.

    Tra i metodi per controllare il contrasto vengono citati (Seigel 2000c) la doppia stesura, l'aggiunta di acido ossalico e/o bicromato, la variazione del rapporto tra citrato e ferricianuro, il bagno acido prima della sensibilizzione e l'acidificazione dell'acqua di lavaggio.
  • La doppia stesura conferisce maggiore profondità ai blu, ma tende a rendere la stampa più contrastata.

  • Il bicromato (es. bagno all'1%) tende a scurire le ombre e a sbiancare i mezzi toni e le alte luci. Analogamente se il bicromato viene aggiunto alla soluzione di sensibilizzazione in ragione dello 0.2%.

  • L'acidificazione della carta con 1% di acido acetico, oppure 5-10% di allume potassico, o 1% di acido ossalico tende ad estendere al scala tonale e a conferire maggiore profondità ai neri senza velare i bianchi.

  • L'acidificazione con 4-5 gocce fino ad alcuni ml di acido cloridrico per litro d'acqua viene suggerita per impedire la perdita di colore e lo sporcamento dei bianchi. Questa pratica facilita inoltre la rimozione delle ultime tracce di sali di ferro che potrebbero, con il tempo, macchiare la carta (Bolognesi 1994).


  • L'aggiunta di acqua ossigenata nell'ultimo lavaggio, per rendere il colore blu più profondo, sembra non strettamente necessaria in quanto l'esposizione all'aria della stampa porta allo stesso risultato entro alcuni giorni.


    Per concludere questa breve e sicuramente non esauriente panoramica, tutto ciò dovrebbe suggerire ad ognuno di effettuare alcune prove con i propri materiali, e di tenere note accurate riguardanti le varie combinazioni sperimentate per poter individuare quella dai risultati migliori. Infine, l'uso di una scala di grigi è altamente consigliabile per favorire i confronti.


    6.  Le ricette dei soci
    Una breve indagine tra i soci del GRN che praticano la cianotipia ha confermato l'esistenza di differenti scelte sia per quanto riguarda la formula di base che per le altre variabili di processo.

    La tabella seguente riassume queste diversità (le concentrazioni si riferiscono alla miscela in peso/volume e alle soluzioni separate, salvo diversamente indicato).

    Autore
    Fe NH4 citrato
    K ferricianuro
    Carta
    Lavaggio
    Note
    Berger
    3
    (vedi note)
    1
    (vedi note)

    Bockingford 535 g/m²

    5 gocce di acido cloridrico /litro

    sciogliere le quantità in grammi in 20 ml di acqua; la soluzione serve a coprire un foglio 20x30cm
    carta collata con gelatina al 5%

    Bolognesi
    25
    25

     

     

     

    Bottani
    20
    8

    Fabriano F5
    Fabriano Artistico

     

    Il blu più intenso, quasi nero, è stato ottenuto con carta non collata, senza il viraggio all'acetato di piombo usato saltuariamente per altre carte

    Gazzarri
    25
    25

    Fabriano F4 satinata

    acido cloridrico,
    max 5 ml/litro

    Acqua ossigenata nell'ultimo lavaggio

    Novo
    25
    25

    Arches Aquarelle

    acido cloridrico,
    5 ml/litro

    Doppia stesura su carta non collata

    Valentini
    20
    8

    Fabriano F4,
    Fabriano Rosaspina,
    Canson

     

    Carta non collata


    7.  Conclusioni
    La formula ideale non esiste. Esistono, invece, dalle combinazioni soluzione sensibile/carta/negativo che possono dare risultati migliori di altre e ciņ probabilmente è il motivo della moltitudine di formulazioni che si possono reperire; tutto dipende comunque dal gusto e dal senso estetico personale.
    Ognuno è quindi incoraggiato a continuare per la propria strada qualora fosse soddisfatto dei risultati ottenuti, oppure a verificare attraverso alcune semplici prove con i propri materiali l'esistenza di una combinazione migliore.

    In un prossimo articolo verranno presentati i risultati di alcune prove di laboratorio effettuate mettendo a confronto, in condizioni controllate, alcune combinazioni tra le molteplici possibili.


    Alberto Novo            




    NOTE

    1)  Il cianotipo è stato il primo processo fotografico su carta, essendo stato reso noto da Sir John Herschel nel 1842, ma il colore blu delle immagini -l'unico ottenibile- non lo rendeva ancora competitivo con il daguerrotipo.
    La prima applicazione pratica di questo processo è del 1843 con il libro di Anna Atkins "British Algae: Cyanotype Impressions", definito da alcuni "il primo libro fotografico illustrato" (il libro "The pencil of nature" di Talbot è del 1844). Anna Atkins, una botanica, fece l'impronta (oggi diremmo un fotogramma) di campioni vegetali conservati in un erbario a scopo scientifico, probabilmente a corredo e completamento del volume senza immagini "Manual of British Algae" di William Harvey. Il volume della Atkins venne poi ripubblicato in più riprese fino al 1853 e venne affiancato anche da un altro volume, ottenuto sempre con la medesima tecnica, dedicato ai muschi e alle felci.

    2)  Il Blu di Prussia deve questo nome in quanto venne usato per tingere le divise dell'esercito prussiano. E' noto anche con altri nomi quali Blu di Amburgo, blu di Parigi, blu di Harlem, blu orientale, blu di potassa, ecc.
    La storia del Blu di Prussia ha il sapore della leggenda metropolitana. "Si dice" che un produttore di colori tedesco di nome Diesbach scoprì per caso nel 1704 il modo di preparare questo pigmento a partire dal sangue di bue, pensando però di preparare un pigmento rosso visto il materiale di origine. Il garzone di Diesbach iniziò la preparazione del pigmento a Parigi, mentre solo nel 1722 il pittore olandese Simon Eikenlenberg scrisse alcune note sul modo di prepararlo. Nel 1724 il processo approdò in Inghilterra e nel 1764 venne pubblicata la descrizione dettagliata della preparazione in un manuale per artisti.
    Il processo di preparazione inizia riscaldando al calor rosso parti uguali di salnitro (nitrato di potassio) e di cremor tartaro (tartrato di potassio) in un crogiolo. Viene aggiunta della polvere di sangue bovino e la miscela viene riscaldata fino all'incandescenza. Il calcinato viene lavato con acqua e trattato con una soluzione di allume (potassio alluminio solfato) e di vetriolo verde (solfato ferroso). Si forma un precipitato verde che diventa blu con l'aggiunta di acido muriatico (acido cloridrico).
    J. Copelandand e C. Rochelle (1998)
    In http://www.sewanee.edu/chem/Chem%26Art/Detail%5FPages/Pigments/Prussian%5FBlue

    3)  Il Blu di Prussia e il Blu di Turnbull devono la loro colorazione alla particolare configurazione della loro molecola.
    Entrambi si sciolgono in acidi minerali concentrati, ma sono resistenti a quelli diluiti fino al 10%, ai solventi polari e non polari, agli oli e ai plastificanti.
    Il pigmento è così talmente suddiviso in aggregati colloidali che ha le caratteristiche di un colorante. Il colore è permanente all'aria per lungo tempo, anche se talvolta può acquistare un riflesso bronzeo se esposto alle intemperie.
    Il pigmento è sensibile agli alcali, che lo fanno diventare bruno.
    J. Copelandand e C. Rochelle (1998)
    In http://www.sewanee.edu/chem/Chem%26Art/Detail%5FPages/Pigments/Prussian%5FBlue

    4)  "Rincer les cristaux de ferricyanure pour les débarasser de leur crôute ocreuse".
    Clerc, L.P. (1950) "La Technique Photographique"
    5th Ed, tome II, Publications photographiques et cinematographiques Paul Montel, Paris V, 1950, nota a pie' pag. 816 

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    8.  BIBLIOGRAFIA

    Abrahamson, H.B. (1999) "The Photochemical Basis of Cyanotype Photography"
    J. Chem. Educ., 1999, 76, 1199-1200
    reperibile come abstract in
    http://jchemed.chem.wisc.edu/Journal/Issues/2001/Mar/abs311_2.html 
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    Wall, E.J. (1924) "Photographic Facts and Formulas"
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    http://www.mikeware.demon.co.uk/cyano.html 
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